una cuoca pericolosa

Cibo e idee per tempi da lupi (e non solo)


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Pane “morbido” con olio d’oliva e farina integrale

AVETE PRESENTE il pane da toast, versatile e profumato che funziona anche come pane per i tramezzini e per i club sandiwich? Mia figlia lo chiama il “pane morbido”, in chiara contrapposizione a quello che mangiamo di solito che ha la crosta esterna ed è, inevitabilmente, più ‘duro’. Un modo di dire che ha adottato nella prima infanzia e che è rimasto nella nostra quotidianità. Inutile aggiungere che è in assoluto il suo preferito, il che è dire molto visto che la creatura è una mangiatrice di pane convinta. Pane, grissini, cracker. schiacciate, focacce… tutto purché riccamente sotto forma di carboidrati complessi. A vedere le sue sembianze filiformi non si direbbe, ma il pane è una vera passione per lei.

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La mia avventura nel mondo del “pane morbido” è nata molto per rispondere alle sue richieste e un po’ alla mia curiosità di provare qualcosa di nuovo dopo tre mesi di pane tradizionale. La pandemia mi ha ‘regalato’ incertezze a piene mani e il mio modo per reagire a questo mondo così precario e sconvolto è stato tornare ai fondamentali, il pane prima di tutti.

L’incursione nel mondo del “pane morbido” è nata in questo ambito ed è andata bene e il risultato è piaciuto a tutti, soprattutto al babbo della creatura. La colazione col “pane morbido” è tutta un’altra storia…

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La ricetta che ho usato è quella tradizionale con doppia lievitazione, ho cambiato solo una parte della grammatura della farina, mettendo quella integrale al posto della farina di tipo 2 e non mettendo il latte nell’impasto, solo olio evo. Mi sembrava già parecchio ricco anche così.

Per dare la forma al “pane morbido” ho usato gli stampi da plum pudding, ma ho scoperto che una nota casa di pentole in ghisa ne ha di specifici per questo tipo di cottura e adesso li ho messi in cima alla lista dei desideri. Hanno persino colori attraenti come l’arancio e il viola scuro..

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Cucinare in stile Crock-Pot

IL NOME, Crock-Pot,  mi affascinava di per sé. A guardarla, poi, mi faceva venire in mente la pentola piena di monete d’oro delle favole rivisitata in una versione moderna. E sognare a occhi aperti in questi tempi pesanti mi appare sempre più spesso come un balsamo per l’anima. Quindi ho rotto gli indugi, e il salvadanaio per i regali di Natale di mia mamma, ed eccola qua. Ho comprato la “slow cooking pot” dei miei desideri. Non è bellissima?

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Qualcuno potrebbe non condividere il mio entusiasmo o magari avere la stessa scettica reazione del mio fidanzato “In fin dei conti è uguale a una pentola che tieni sul gas per tanto tempo a fuoco basso”. E invece no. La mia pentola magica è proprio nelle modalità di cottura che ha una (molte, per la verità) marcia in più. Punto primo: è elettrica e a basso consumo ed essendo elettrica la puoi regolare – anzi ha una scheda elettronica e si regola da sé – per il tipo di cibo che cuoci. In pratica imposti  il “quadro di comando” dove si seleziona il tipo di cibo, la cottura adeguata e il tempo che vuoi far cuocere e poi, una volta messi gli ingredienti nell’ordine richiesto dalla ricetta, metti il coperchio e vai.

Nel senso letterale del termine. Te ne puoi proprio andare dalla stanza e fare un’altra cosa. Oppure imposti il timer posticipando l’accensione  e lei comincia a cuocere quando tu magari sei ancora fuori a fare la spesa o a bere un caffè con un’amica o a prendere la pupa a scuola o a quella lezione di yoga a cui hai rinunciato per settimane.

LEI FA TUTTO DA SOLA!

Quando ha finito la cottura si spenge e tiene il cibo in caldo a temperatura fino a 4 ore, quindi se le chiacchiere, o lo yoga o la pupa ti prendono un po’ la mano non succede nulla. Se salta la corrente si spenge tutto, ma quante volte succederà che salta la corrente mentre hai la Crock-Pot in funzione? Suvvia, un po’ di ottimismo.

Certo, non puoi chiederle miracoli tipo un pranzo dai crostini al dolce mentre sei fuori, perché cuoce una pietanza alla volta e per il “cambio gomme” devi comunque essere presente, ma nel ragionevole “oggi si mangia piatto unico” è imbattibile. E non fa solo brasati e ragout, è capace di cuocere a pressione, a vapore e anche sauté, ma questa funzione richiede la presenza più o meno costante, come per tutti i sauté.

Dimenticavo: fa pure lo yogurt, ma questa funzione, ancora, non la ho provata.

Cosa ho preparato?

Per ora risotto al curry e pollo arrosto con salsa di cipolle. Apprezzatissimi, tutti e due, anche dallo scettico.

Ma ho appena comprato un intero libro di ricette… 🙂

Magari è la volta buona che trovo il tempo per scrivere più spesso!


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Pollo alla marocchina dedicato a un’amica che parte

UNA MIA CARISSIMA AMICA prossimamente si trasferirá in Marocco e quado ho visto la ricetta del pollo cucinato nella tradizionale pentola marocchina, la tajine, ho pensato che fosse proprio la ricetta che cercavo. Claudia Roden, come al solito, ha reso semplice qualcosa che sulla carta sembra un po’ piú complicato e il pollo con mandorle e pomodoro cotto nella tajine alla fine é venuto buono buono. La sua vera forza, secondo me, sta nella salsa. È vero che deve cuocere per piú di un’ora, quindi astenersi se arrivano ospiti con un preavviso di venti minuti, ma il risultato vale l’attesa. In bocca dá la sensazione di una vellutata di pomodoro profumata e sapida, resa ancora piú gustosa dal sentore di zafferano e per niente acida grazie alla dolcezza del miele.

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INGREDIENTI

1 pollo di circa 1,5 kg

1 kg  di pomodori maturi concassés

50 grammi di mandorle pelate

1 cipolla tagliata fine

2 cucchiai di olio evo

1 cucchiaio di olio di semi di girasole

2 cucchiai di miele

1 cucchiaino di cannella in polvere

1 cucchiaino di zenzero in polvere

1/2 cucchiaino di filamenti di zafferano

Sale e pepe q.b.

1 cucchiaio di semi di sesamo

CLAUDIA RODEN suggerisce di utilizzare un pollo di 1,5 chilo, io lo avevo più piccolo e credo vada bene lo stesso. Lo confesso, non possiedo la tajine, aspetto di andare a trovare la mia amica per procurarmene una originale, ma sempre la Roden dice che si può efficacemente sostituire con una capiente casseruola.  E così ho fatto, ho tagliato il pollo a pezzi e l’ho messo dentro la pentola insieme a tutti gli ingredienti tranne le mandorle, i semi di sesamo, il miele e l’olio di girasole e ho fatto cuocere coperto a fuoco dolce per un’ora. Quando la carne del pollo era cotta a sufficienza  da staccarsi dall’osso,  l’ho tolta dal fuoco e l’ho messa da parte in caldo, quindi ho alzato la fiamma e ho cotto la salsa ancora un po’ fino a farla ulteriormente ridurre.  Dopo una decina di minuti ho aggiunto il miele e ho rimesso i pezzi di pollo lasciandoli riscaldare bene. Nel frattempo, in una piccola padella ho tostato le mandorle pelate e tritate con l’olio di girasole e all’ultimo minuto ho aggiunto i semi di sesamo e ho tostato leggermente anche quelli. Quindi li ho usati per guarnire il pollo. A me é piaciuto con un bicchiere di rosso di Montalcino, ma uno dei miei commensali ha detto che era perfetto con la birra chiara che stava bevendo 🙂


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Filetto di maiale in salsa… delusione

QUANDO HO SCELTO la ricetta dal libro di Claudia Roden dedicato alla cucina mediterranea qualche dubbio lo avevo, i medaglioni di maiale con salsa al Madera erano invitanti, ma la carne di suino ha la tendenza a risultare dura una volta cotta e quindi evito accuratamente di cucinarla (e mangiarla). L’ospite invitato a cena, peró, é un gran mangiatore di carne e adora il maiale quindi ho messo da parte le mie riserve sulla carne di  porco, mi sono autoraccomandata di seguire le istruzioni alla lettera e mi sono buttata. E me ne sono tanto pentita… Il sapore era buono, davvero buono, ma i filetti di carne a fine cottura avevano assunto una consistenza che ricordava vagamente le gomene da attracco. E a poco sono servite le patate alle erbe e spezie con cui li avevo accompagnati. Ma quelle, almeno, erano cotte perfettamente.

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4 filetti di maiale

Un bicchiere di marsala

Olio evo q.b.

Sale e pepe macinato fresco

Una noce di burro

HO MESSO l’olio a scaldare in una padella con la noce di burro a fuoco vivo poi ho aggiunto i filetti e li ho fatti dorare da una parte e dall’altra. Ho salato e pepato quindi ho versato il marsala e ho fatto cuocere ancora qualche minuto, finché il vino si è un po’ addensato a formare una crema molto lente. A questo punto ho spento e lasciato riposare per un minuto o due prima di impiattare. E poi ho desiderato non essere stata io ad aver cucinato. Mi chiedo ancora dove ho sbagliato e perché i miei filetti siano venuti duri e tigliosi, non come quelli che Claudia Roden scrive dovrebbero venire morbidi e saporiti. Saporiti lo erano, ma io ho un altro concetto di morbido. Anche il mio ospite, che ha molto riso del mio disastro e si è consolato con le patate.


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Sfida di polli: Gordon Ramsay contro Mastro Martino

CIBARIA imbecillia brevem efficiunt vitam. Ci tengo a precisarlo: non mi é preso un colpo di calore, anche perché con questa primavera polare sarebbe impossibile. Ho ritrovato la citazione da Ippocrate – i cibi poveri di nutrimento procurano una vita breve – mentre rileggevo il libro “La cena delle meraviglie” di Allan Bay e Camilla Baresani e  ho deciso di adottarla come motto. Esprime quello che penso del cibo e dell’atto di nutrirsi. Questo non significa che quando capita non pranzi con un panino o ceni con un trancio di pizza, ma solo che, volendo prendere posizione rispetto al cibo, la mia coincide con quella di Ippocrate. E pure questo blog é in qualche modo figlio dell’idea che nutrirsi non sia solo buttare  qualcosa nello stomaco. Ecco perché quando ho visto che nella sezione “Classic with a twist  (Classici rivisitati)” del suo manuale di cucina Gordon Ramsay propone il pollo ripieno, mi é subito venuto in mente il piú succulento pollo ripieno di cui abbia mai sentito parlare, quello di Mastro Martino, un cuoco italiano che Allan Bay descrive come il più importante del Rinascimento e a cui dobbiamo molta della nostra tradizione gastronomica. Ho pensato che se queste ricette devono confermare che, crisi o non crisi, vale la pena mangiare con gusto, allora ogni tanto posso sceglierne una un po’ più elaborata ed ecco partita, (nella mia mente è ovvio),  la sfida fra il pollo di Gordon e quello di Martino. Considerato che per prepararlo in stile rinascimentale ci vogliono tre giorni e in stile moderno tre ore (compresa la cottura) ho scelto di rimanere fedele a Gordon. E non me ne sono pentita. Il sistema della doppia cottura, che è proprio anche del piatto di Martino, consente di mangiare un pollo croccante ma dalla carne morbida e tenera, saporito ma delicato. Una vera bontà. Ecco come è andata.

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INGREDIENTI

Un pollo eviscerato di circa 2 kg

Un limone

Olio evo q.b.

Un cucchiaino abbondante di paprika

400 ml di vino bianco

PER IL RIPIENO

Olio evo q.b.

200 grammi di salamino piccante (io ho usato la salsiccia di Napoli)

Una cipolla tritata fine

2 spicchi di aglio tagliati sottili

Una manciatina di timo

800 grammi di fagioli cannellini lessati e scolati

200 grammi di pomodori secchi sottolio

sale e pepe q.b.

Primo passo, il ripieno. Che non vi venisse in mente di fare come me la prima volta che ho cucinato questo pollo e, contrariamente alle indicazioni date da Gordon, ho messo tutto a crudo. Errore madornale, il ripieno ha cotto solo a metà, nonostante le tre ore in forno. Quindi questa volta ho preso una capiente casseruola, ci ho versato un po’ di olio evo, poco poco, e ho fatto rosolare il salamino piccante tagliato a cubetti per tre minuti, ho aggiunto la cipolla e fatto cuocere per altri due minuti e poi l’aglio per un altro minuto, quindi le foglie di timo. A questo punto ho messo anche i cannellini e ho aggiustato di sale e pepe, prolungando la cottura di un paio di minuti prima di versare nel ripieno i pomodori secchi sottolio insieme a un paio di cucchiani del loro olio di conservazione. Ho mescolato bene per amalgamare il tutto e ho lasciato cuocere un altro minuto prima di spengere.

Ho acceso il forno a 180 gradi e ho preparato il pollo salando e pepando la cavità prima di riempirla con il ripieno (lasciatelo intiepidire e poi passate alla farcitura, diventa tutto più semplice) e ho chiuso il foro con un limone intero ben lavato.Quindi ho cosparso l’esterno del pollo con sale, paprika e un po’ di olio, massaggiando la pelle per farle assorbire il condimento. Ho messo il pollo in una capiente pirofila con 200 ml di acqua e 400 ml di vino bianco e l’ho coperto con un foglio di alluminio e l’ho fatto cuocere per un’ora. Poi ho tolto l’alluminio e ho cosparso il pollo con un po’ del sugo di cottura prima di rimetterlo in forno per un’altra mezzora alzando la temperatura a 200 gradi. Questa parte finale serve a rendere la pelle croccante, perciò potete prolungare la cottura finché non risulta bella dorata.

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Volendo, si può usare il fondo di cottura del pollo per preparare una salsa di accompagnamento facendolo ridurre a fuoco vivo dentro un tegame e poi mettendolo nell’apposita salsiera: è squisito!