NON avevo cognizione di cosa fosse il condimento che in Medio Oriente chiamano “Harissa” finché non sono inciampata (letteralmente visto che ho pestato l’allegato del Corriere della Sera che conteneva un articolo su di lui) in Yotam Ottolenghi. E da quel giorno, più o meno un mese fa, trovo notizie che lo riguardano ovunque. E’ persino diventato uno dei coach di Masterclass e la sua faccia simpatica e rilassata (è un’impressione solo mia o i cuochi tendono all’ansioso?!) mi saluta a intervalli regolari nei feed di Instagram e persino nella mail. La motivazione più plausibile di questa sovraesposizione è che è uscito da poco il suo ultimo libro, Flavour (che non ho comprato né letto, ma potrei farci un pensierino, le immagini pubblicate in rete dei piatti e delle ricette sono stupende) ma non avendo mai letto niente di suo ho deciso di partire con qualcosa di più facile e, per essere coerente con la scelta, ho comprato Simple.
E ho fatto bene. Questo volume che ha in copertina il disegno di un limone (e basta!) è un inno alle spezie e al loro uso quali catalizzatori del sapore. Una filosofia che semplificata recita più o meno così: aggiungendo le giuste combinazioni di spezie ed erbe aromatiche e anche il riso al vapore diventa un super piatto per sapore, profumo e nutrienti.
Spigolando fra le molteplici e coloratissime proposte di Ottolenghi, ho finito per optare per la “harissa” per la mia prima sperimentazione. Si tratta, per chi come me non ne aveva mai sentito parlare figuriamoci assaggiarla, di un mix di peperoncini secchi, olio d’oliva evo, semi di cumino, aglio e limone. Ottolenghi aggiunge alla sua “Rose harissa” anche petali di rose essiccati e acqua di rose per mitigare gli effetti dirompenti di peperoncino e aglio. Difficile da trovare in gastronomia, si può fare a casa abbastanza facilmente – le ricette, a parte quella di Ottolenghi, su Internet si sprecano e appena ho i petali di rosa del giardino essiccati la faccio anche io! – ma se, come me, non siete proprio integralisti, ce n’è una versione in polvere al supermercato che non è sicuramente buona come quella fresca, ma che per condire un esperimento va bene. Anzi, visti i risultati direi benissimo

Ecco come sono nate queste olive alla “Harissa”.
Le olive che ho usato sono quelle tipiche toscane (chissà come mai ?!!!), raccolte dai miei vicini di casa e gentilmente concesse per le mie sperimentazioni. Le ho lavate e poi tenute a bagno in una soluzione salina per 36 ore perché perdessero l’amaro. Quindi le ho messe nell’essiccatore per 24 ore a 60 gradi. Se non avete l’essiccatore, potete usare il forno, è lo stesso. Una volta essiccate, le ho condite con poco olio evo e il mix di polvere “Harissa” a cui ho aggiunto anche un po’ di peperoncino appena essiccato. Quindi le ho messe nei barattoli e lasciate riposare per qualche giorno.
Sono squisite. Stuzzicanti e dal sapore fresco e piccante. Ottime con formaggi semi stagionati o il pane integrale con pomodorini, con la feta a dadini nell’insalata o in accompagnamento a carni poco saporite.
Insomma, un passe-partout dall’aperitivo al contorno.
La salsa harissa vera? Appena le rose appassiscono 🙂