Categoria: Cucina

  • Schiacciata all’origano con sale di Maldon

    Schiacciata all’origano con sale di Maldon

    Croccante e perfetta con stracchino o Brie

    Non c’è niente da fare. Quasi nulla, e sottolineo il ‘quasi’, funziona meglio di un buon impasto per rimettere le giornate storte in carreggiata. Oggi era partita proprio male, una di quelle domeniche mattina piene di cose da fare che scappano da tutte le parti come il mercurio fuori dalla bottiglia e alla fine ti ritrovi con la sensazione che il tempo se n’è andato tutto nella direzione sbagliata. E’ passato e tu non hai finito nemmeno una delle cose che volevi fare a tutti i costi.

    E allora? Allora, via in cucina a provare qualcosa di nuovo. Per esempio il sale di Maldon con la schiacciata. Quelli che in cucina sono bravi davvero dicono che cambia il sapore delle pietanze e sanno anche perché lo fa.

    Io l’ho comprato – una piccola quantità perché, fatte le dovute proporzioni, è caro come il tartufo bianco – ma non avevo mai avuto modo o voglia di provarlo. Poi, per caso, la settimana scorsa sono andata a prendere il caffè in uno dei miei bar preferiti, dove propongono sempre pezzi dolci e salati molto curati e particolari, e ho visto questa magnifica schiacciata con tanto di cartellino che diceva ‘Schiacciata al sale di Maldon’. Un segno del destino. Di quelli che sembrano una freccia rossa ben marcata che ti indica la direzione da prendere o dove ti devi assolutamente fermare.

    E allora, eccomi qua con la mia teglia di schiacciata al sale di Maldon. Quasi intera, perché ne ho già assaggiato un pezzo. Semplice da fare, deliziosa da sola, ottima con formaggi a pasta molle non troppo importanti, perché altrimenti sciupano il gusto del sale.

    Schiacciata all’origano con sale di Maldon

    Per prepararla ho usato un misto di farina di farro (450 grammi) e farina per pane di grano duro (200 gr), una busta di lievito secco standard, un cucchiaino di sale, un cucchiaino di zucchero e 450 ml di acqua.

    Ho impastato, fatto lievitare per una paio d’ore, fatto una seconda lievitazione di circa 30 minuti, riscaldato il forno ventilato a 220 gradi, steso l’impasto nella piastra infarinata, guarnito con sale grosso di Maldon, una spolverata di origano e un giro d’olio evo.

    Poi ho informato per 30-35 minuti. Dipende da quanto la schiacciata vi piace croccante.

    E la prospettiva storta della giornata magicamente è tornata diritta.

  • Fettuccine di farina di farro con pomodoro e Parmigiano

    HO COMPRATO una macchina che fa la pasta. Uno di quei piccoli lussi che addolciscono la vita e permettono di sognare, ogni tanto, che tutto può essere semplice e a portata di mano. Come la pasta fresca ogni giorno, alla maniera delle nonne o degli chef stellati. Ho appena scoperto che il modo migliore per far seccare la pasta fresca appena preparata per consumarla con comodo non è metterla nell’essiccatore (che per altro possiedo sic!), ma dentro l’abbattitore. A -18° per 6 o 7 minuti e il gioco è fatto. Comunque, tornando alla meravigliosa sensazione per il pensiero, e soprattutto per il palato, che viene dalla pasta appena fatta e cotta, devo dire che nella mia recente sperimentazione la palma della migliore va alle fettuccine a base di farina di farro. Il condimento con la polpa di pomodoro e il Parmigiano a scaglie è semplice, ma esalta la bontà della pasta e non ho ancora avuto voglia di cambiarlo.

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    Ogni piatto è davvero una gioia. Piccola, ma preziosa.

    E poi sembra, e sottolineo sembra, che la farina di farro sia buona anche per la linea, quindi che chiedere di più?

    Le dosi per fare la pasta sono incluse nel libro delle istruzioni – e per chi si trovasse a corto di ispirazione ci sono sempre i gruppi su fb a cui chiedere aiuto – ma il condimento rivelatore, oltre al pomodoro col Parmigiano, è olio evo e niente altro. Il sapore e il profumo del farro si fanno sentire in modo sottile ma insistente.

    Provare per credere.

  • Pane “morbido” con olio d’oliva e farina integrale

    AVETE PRESENTE il pane da toast, versatile e profumato che funziona anche come pane per i tramezzini e per i club sandiwich? Mia figlia lo chiama il “pane morbido”, in chiara contrapposizione a quello che mangiamo di solito che ha la crosta esterna ed è, inevitabilmente, più ‘duro’. Un modo di dire che ha adottato nella prima infanzia e che è rimasto nella nostra quotidianità. Inutile aggiungere che è in assoluto il suo preferito, il che è dire molto visto che la creatura è una mangiatrice di pane convinta. Pane, grissini, cracker. schiacciate, focacce… tutto purché riccamente sotto forma di carboidrati complessi. A vedere le sue sembianze filiformi non si direbbe, ma il pane è una vera passione per lei.

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    La mia avventura nel mondo del “pane morbido” è nata molto per rispondere alle sue richieste e un po’ alla mia curiosità di provare qualcosa di nuovo dopo tre mesi di pane tradizionale. La pandemia mi ha ‘regalato’ incertezze a piene mani e il mio modo per reagire a questo mondo così precario e sconvolto è stato tornare ai fondamentali, il pane prima di tutti.

    L’incursione nel mondo del “pane morbido” è nata in questo ambito ed è andata bene e il risultato è piaciuto a tutti, soprattutto al babbo della creatura. La colazione col “pane morbido” è tutta un’altra storia…

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    La ricetta che ho usato è quella tradizionale con doppia lievitazione, ho cambiato solo una parte della grammatura della farina, mettendo quella integrale al posto della farina di tipo 2 e non mettendo il latte nell’impasto, solo olio evo. Mi sembrava già parecchio ricco anche così.

    Per dare la forma al “pane morbido” ho usato gli stampi da plum pudding, ma ho scoperto che una nota casa di pentole in ghisa ne ha di specifici per questo tipo di cottura e adesso li ho messi in cima alla lista dei desideri. Hanno persino colori attraenti come l’arancio e il viola scuro..

  • Cucinare in stile Crock-Pot

    IL NOME, Crock-Pot,  mi affascinava di per sé. A guardarla, poi, mi faceva venire in mente la pentola piena di monete d’oro delle favole rivisitata in una versione moderna. E sognare a occhi aperti in questi tempi pesanti mi appare sempre più spesso come un balsamo per l’anima. Quindi ho rotto gli indugi, e il salvadanaio per i regali di Natale di mia mamma, ed eccola qua. Ho comprato la “slow cooking pot” dei miei desideri. Non è bellissima?

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    Qualcuno potrebbe non condividere il mio entusiasmo o magari avere la stessa scettica reazione del mio fidanzato “In fin dei conti è uguale a una pentola che tieni sul gas per tanto tempo a fuoco basso”. E invece no. La mia pentola magica è proprio nelle modalità di cottura che ha una (molte, per la verità) marcia in più. Punto primo: è elettrica e a basso consumo ed essendo elettrica la puoi regolare – anzi ha una scheda elettronica e si regola da sé – per il tipo di cibo che cuoci. In pratica imposti  il “quadro di comando” dove si seleziona il tipo di cibo, la cottura adeguata e il tempo che vuoi far cuocere e poi, una volta messi gli ingredienti nell’ordine richiesto dalla ricetta, metti il coperchio e vai.

    Nel senso letterale del termine. Te ne puoi proprio andare dalla stanza e fare un’altra cosa. Oppure imposti il timer posticipando l’accensione  e lei comincia a cuocere quando tu magari sei ancora fuori a fare la spesa o a bere un caffè con un’amica o a prendere la pupa a scuola o a quella lezione di yoga a cui hai rinunciato per settimane.

    LEI FA TUTTO DA SOLA!

    Quando ha finito la cottura si spenge e tiene il cibo in caldo a temperatura fino a 4 ore, quindi se le chiacchiere, o lo yoga o la pupa ti prendono un po’ la mano non succede nulla. Se salta la corrente si spenge tutto, ma quante volte succederà che salta la corrente mentre hai la Crock-Pot in funzione? Suvvia, un po’ di ottimismo.

    Certo, non puoi chiederle miracoli tipo un pranzo dai crostini al dolce mentre sei fuori, perché cuoce una pietanza alla volta e per il “cambio gomme” devi comunque essere presente, ma nel ragionevole “oggi si mangia piatto unico” è imbattibile. E non fa solo brasati e ragout, è capace di cuocere a pressione, a vapore e anche sauté, ma questa funzione richiede la presenza più o meno costante, come per tutti i sauté.

    Dimenticavo: fa pure lo yogurt, ma questa funzione, ancora, non la ho provata.

    Cosa ho preparato?

    Per ora risotto al curry e pollo arrosto con salsa di cipolle. Apprezzatissimi, tutti e due, anche dallo scettico.

    Ma ho appena comprato un intero libro di ricette… 🙂

    Magari è la volta buona che trovo il tempo per scrivere più spesso!

  • I muffin alla banana antidoto alla paura?

    OGGI ho guardato uno dei TED Talk più coinvolgenti fra i molti che mi è capitato di vedere. La speaker si chiama Brene Brown – questo è il link al suo discorso nel caso vi andasse di guardarlo Brene Brown TED Talk, è in inglese ma ci sono i sottotitoli – è una ricercatrice, quindi competente e “scientifica” quanto basta, ma anche una che mette impegno e passione nelle sue ricerche, capace di fare dell’umorismo, di coinvolgere e di rivelare con semplicità efficace pensieri altrimenti assai duri da digerire.

    A ogni modo, ciò che mi ha fatto pensare, fra i molti temi presenti nel suo discorso dedicato all’insidioso tema della vulnerabilità,  è stato il punto in cui descrive cosa facciamo, spesso, quando ci sentiamo vulnerabili, in pericolo e in qualche misura impauriti: mangiamo. Nel suo intervento, Brene Brown parla del cibo come una specie di rifugio scacciapensieri che poi finisce per minare la nostra salute facendoci diventare obesi e il primo esempio che le viene in mente di cibi-rifugio sono i muffin alla banana che, lo riconosco, al solo pensiero mi fanno scattare la salivazione e allargare un sorriso che va un orecchio all’altro. E’ innegabile la funzione, per lo più dagli effetti negativi, che ha l’uso del cibo come sostituto di qualcosa di diverso o come strumento di consolazione e gratifica immediata, ma credo che il massimo conforto quando si tratta di cibo non venga dalla semplice azione di mangiare qualcosa, ma dal prepare il cibo. Meglio se per condividerlo con qualcuno. Ecco, sì, io penso che il cibo può funzionare come un vero ansiolitico se lo si prepara, se ci si immette nel processo invariabilmente creativo del cucinare e se lo si fa spostando l’attenzione dalla gratificazione immediata al risultato che si vuole ottenere, a prescindere dalle singole capacità:  dare vita a qualcosa di buono partendo da una materia prima. Magari la mia è un’illusione, ma conosco moltissime persone, me compresa, che usano l’atto del cucinare per riordinare i pensieri, farsi passare una giornata storta, riflettere su un problema difficile o prendere una decisione importante. 

    E voi, che ne pensate?