una cuoca pericolosa

Cibo e idee per tempi da lupi (e non solo)


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SIETE TUTTI INVITATI!!!!!!!!!!

A volte ci sono circostanze che non serve commentare. Questa è una di quelle, perché per quante parole possa usare, non ne troverei mai che mi soddisfino. Quindi mi limito a invitarvi tutti, ma proprio tutti a venire al Mercato Centrale dopodomani. Il divertimento è assicurato.

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Al mercato di San Lorenzo non prendete l’ascensore

LO CONFESSO, dopo aver letto i bellissimi articoli di amici e colleghi, Giuseppe Calabrese su tutti, dedicati al rinnovato primo piano del Mercato centrale di San Lorenzo a Firenze e aver visto decine di fotografie sulla struttura che oggi accoglie una scuola di cucina, venti negozi selezionati di eccellenze agroalimentari made in Toscana, un ristorante e via meravigliando, morivo dalla voglia di ammirare, e gustare, di persona tutto quanto. Così qualche giorno fa, approfittando di un giorno di ferie e della splendida giornata di sole, ho preso la mia piccolina, l’ho messa nel passeggino e sono andata al mercato centrale a San Lorenzo. Destinazione: il nuovo primo piano. Dopo un giro a terreno – uno spazio che conosco benissimo, ma i colori e i profumi del mercato per me sono irresistibili – mi sono messa a cercare il modo per raggiungere l’oggetto dei miei desideri. Scale e scale mobili sono al centro della struttura e sono facilissime da trovare. Ma col passeggino sono impraticabili, anche perché, ovviamente, non c’è un posto dove lasciarlo per proseguire con la pargola (oltre dieci chili!) in braccio. Cerca cerca, ho trovato un ascensore vicino all’ingresso principale, ho pigiato il pulsante salita e… non è successo nulla. Quando ha visto che pigiavo per la terza volta, un giovane commerciante dall’accento straniero e dallo sguardo compassionevole mi ha detto: “Le porte non si aprono perché l’ascensore non funziona. Da tanto. Ce n’è un altro dalla parte opposta, in fondo al corridoio centrale, sulla destra”. Ho ringraziato e seguito le indicazioni. L’ascensore era preciso preciso dove aveva detto: davanti ai bagni, di cui aveva catturato anche tutto l’ineffabile odore. Ho pensato che, in fondo, eravamo pur sempre in un mercato e quindi c’era poco da fare la schizzinosa: se volevo arrivare alla porta dell’ultimo paradiso gastronomico fiorentino potevo pur sopportare un po’ di maleodoranze. E mia figlia con me. Ho pigiato il pulsante, la porta si è aperta (che fortuna, questa si apre subito!), ho spinto dentro il passeggino, ho premuto il bottone del primo piano, la porta si è richiusa e l’ascensore è rimasto al piano. E la porta è rimasta chiusa. Ho pigiato di nuovo il pulsante del primo piano e ancora porta chiusa e ascensore fermo. Ho aspettato due interminabili minuti – non sono claustrofobica, almeno non tanto, meno male che c’era un vetro e potevo vedere dalla parte del corridoio sennò schiantavo sul posto –  e ho pigiato di nuovo il pulsante del primo piano. Niente di niente. Allora ho provato con quello dell’apriporta. Nulla. Magari se scendo nel sottosuolo e risalgo? Click. Ancora nulla. L’ascensore sembrava uno dei megaliti di Stonehenge. Il panico ha vinto e mi sono attaccata al campanello dell’allarme. Che ha suonato e suonato e suonato, ma non è arrivato nessuno. Ho picchiato sul vetro con vista corridoio, sbracciandomi verso chi passava con le borse della spesa e anche verso quelli senza. Sembravo invisibile. O forse lo ero. La mia piccina mi guardava, perplessa.

A questo punto mi sono arresa e ho pigiato il pulsante dell’assistenza, quello con su scritte le istruzioni del tipo state calmi, fate quello che vi viene detto, portate pazienza se siete chiusi in un ascensore puzzolente, buio come una notte senza luna, con vostra figlia di 18 mesi che vi guarda e tace e sta per piangere. Ancora non si vedono le lacrime, ma si vede che sta per piangere. Nelle istruzioni c’ era  scritto “tenere premuto per 10 secondi” e così ho fatto. E dopo dieci secondi ho sentito la voce dell’angelo-salvatore “Dica dica che è successo? E come si chiama? E dove è? E che le serve?” . A volte gli angeli-salvatori fanno domande inutili. Comunque ho risposto a tutto e l’angelo-salvatore mi ha detto “Il suo numero di cellulare, prego” Per farci cosa col mio numero di cellulare? Mi invita a cena quando mi ha salvato?  Allora ho risposto: “Guardi, io voglio che qualcuno mi tiri fuori di qui, sono con mia figlia piccola e non credo le serva il numero del mio cellulare” “Mi serve, così lo comunico al tecnico delle riparazioni e lui la chiama e l’aiuta ad uscire” .  A quel punto volevo dire all’angelo-salvatore “Scusa angelo, ma io sono chiusa da non so quanti puzzolenti minuti in questo ascensore con la mia piccina che ora non ha voglia di piangere ma piange proprio e manca l’aria a tutte e due e invece di dirmi che qualcuno sta arrivando ad aprire questa porta tu mi dici che darai il mio cellulare al tecnico delle riparazioni e lui per telefono mi aiuterà ad uscire?!!! E se io non ce l’ho il cellulare che succede? Mi lasci qui? E se il cellulare è senza batteria che si fa? E se il tecnico ha il cellulare spento perché è a giro per i fatti suoi? Caro angelo, tu non sei un salvatore, tu sei un parente stretto di Lucifero e spero tu lo raggiunga presto nel suo regno”. Per fortuna, prima che potessi dire all’angelo-salvatore tutto questo è caduta la linea, io ho pigiato tutti insieme i bottoni della pulsantiera dell’ascensore, ho pregato l’angelo protettore dei bambini e paf! LA PORTA SI E’ APERTA. Sono schizzata fuori dall’ascensore veloce come una palla da flipper e me ne sono andata. Il nuovo paradiso fiorentino dell’agroalimentare può attendere.


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A Taste le scoperte non finiscono mai

INUTILE NEGARLO, a Taste mi sono divertita e, a momenti, proprio entusiasmata. Mi sentivo come un pesce nell’acqua. Non solo per la straripante bontà/bellezza delle centinaia dei prodotti che ho visto (una piccola, piccola, piccola percentuale l’ho pure assaggiata), un’esposizione ininterrotta di gioielli dell’agroalimentare italiano ed estero in cui mi sarei potuta serenamente perdere per almeno un paio di giorni, ma anche per la possibilità di verificare da fonti autorevoli come sta la produzione alimentare di eccellenza italiana. Oltre a curiosare fra tutte le ultime pubblicazioni in fatto di ricettari più o meno blasonati e monografie dedicate a spezie, formaggi, birre, tè, vini… Gli stand degli editori Giunti e Guido Tommasi da soli valevano la visita. Lo ripeto, per un’amante di cucina, agroalimentare e dintorni un vero paradiso. Mi è piaciuto moltissimo anche partecipare al dibattito sull’Italian Sounding – al quale dedicherò un post specifico – che, fra l’altro, ha fatto il pieno di pubblico come se a parlare ci fosse una rock star invece di produttori di olio e presidenti di consorzi alimentari. Per la verità, una rock star del settore c’era, Oscar Farinetti, inseguito e assediato da giornalisti e fotografi come Bono Vox dopo una conferenza stampa 🙂

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MA LA COSA che, forse, mi è piaciuta di più a Taste è stata la scoperta delle alghe alimentari. Ne ho sentito parlare spesso, la prima volta da Igles Corelli durante un workshop a Identità Golose qualche anno fa, e via via ne ho letto sempre più di frequente, ma non avevo mai trovato nessuno che le presentasse su crostini e tartine in assaggio a una fiera e, soprattutto, le commercializzasse come si potrebbe fare con una confettura o una mozzarella di bufala. Le alghe biologiche di Schooner, un’azienda che ha la sede a Empoli (Firenze) sono biologiche, vengono raccolte in Bretagna e arrivano nei negozi specializzati dove vengono vendute fresche fresche, come appena raccolte. Ma il bello è che non sono difficili da preparare come pensavo. Basta sciacquarle dal sale e seguire le istruzioni che ti regalano quando le compri. Le alghe non servono solo per preparare i maki giapponesi, ci si fanno insalate, flan, salse, pesto, zuppe col pesce e persino le zeppole alla napoletana. Sono deliziose come frittelle salate. E hanno valori nutrizionali stupefacenti, oltre a un sapore che può essere delicato o potente a seconda dell’alga scelta.  Se qualcuno ha occasione di andare da Eataly le trova in vendita, oppure, a Eataly Firenze, fino a domenica prossima le cucinano al ristorante fuori menù. Ovviamente, ne ho comprata una vaschetta e appena l’avrò preparata vi aggiornerò.


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Hamburger e sorprese

UN AMICO mi ha chiesto perché ho scelto come immagine della testata del blog quattro mini hamburger, uno dei cibi meno “da chef” che si possa  immaginare. Appunto per quello. Io sono una cuoca pericolosa, per me e per gli altri, e quindi i mini hamburger in qualche modo  mi rappresentano.Ma questa foto l’ho scelta anche perché i mini hamburger hanno una doppia immagine, lasciano aperta la porta a un’altra soluzione,  un risultato meno convenzionale, meno scontato. La foto l’ho scattata al mercato di Madrid, un vero tempio del buon cibo e delle materie prime eccellenti, a dispetto dell’aspetto (perdonate il bisticcio!) tradizionale di cibo a buon mercato. Dentro i mini hamburger, poi, ci può stare la sorpresa, come mi è capitato una volta quando ho mangiato quelli dello chef Marco Stabile: li aveva preparati con il cocomero fresco ed erano squisiti. Una leccornia indimenticabile, degna di un ristorante stellato come il suo.